progetto.

Steven Holl immagina il Nelson-Atkins Museum of Art come una successione di ‘lenti’ architettoniche che invitano i visitatori alla scoperta dell’arte tra spazio e tempo. Progetto Steven Holl Testi Steven Holl, Michael Cadwell Toto Roland Halbe, Andy Ryan



L’ampliamento del Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City mescola edifici e paesaggio, creando un’architettura dell’esperienza: essa si dispiega al visitatore percepita per mezzo del movimento individuale attraverso spazio e tempo. La nuova ala, il Bloch Building, si pone in relazione con il preesistente Parco delle Sculture, trasformando l’intero sito del museo in un luogo dedicato alla presenza umana.
GrandTransparent GrandTransparent

La costruzione si articola lungo il margine orientale del campus ed è caratterizzata dalla presenza di cinque ‘lenti’ in vetro: poste di taglio rispetto all’edificio principale, formano attraverso il Parco delle Sculture nuovi spazi e prospettive. Spostandosi all’interno della nuova ala, i visitatori entrano in un flusso nel quale si fondono luce, arte, architettura e paesaggio, con prospettive che passano da un livello all’altro, dall’interno all’esterno. Il costante scorrere dello spazio tra le ‘lenti’ dell’ampliamento, volumi che si trasformano in contenitori di luce, intreccia l’architettura con il paesaggio in un dinamismo fluido, basato su un sensibile rapporto col contesto.
GrandTransparent GrandTransparent GrandTransparent
Piuttosto che limitarsi ad aggiungere massa, i nuovi elementi creano un armonico contrasto con il nucleo originale del 1933: opaco/trasparente; pesante/leggero; ermetico/permeabile; viste verso l’interno/sul paesaggio; delimitato/privo di limitazioni; circolazione obbligata/libera circolazione; massa unica/lastre trasparenti. La prima delle cinque ‘lenti’ è usata per creare un ingresso luminoso e trasparente, in cui trovano posto un caffè, una biblioteca d’arte e una libreria. Invitando il pubblico a entrare nel museo, il progetto incoraggia il movimento verso le rampe che, scendendo in direzione del giardino, portano alle gallerie. Dall’atrio, un nuovo incrocio assiale si collega con gli imponenti spazi dell’edificio originale. Di notte, il luminescente volume in vetro dell’ingresso si offre alla vista trasparente e invitante, richiamando i visitatori agli eventi e alle attività organizzate dal museo.
GrandTransparent GrandTransparent GrandTransparent

Gli strati multipli di vetro traslucido dei nuovi edifici riuniscono, diffondono e rifrangono la luce, materializzandola e rendendola, talvolta, simile a un blocco di ghiaccio. Durante il giorno, le ‘lenti’ lasciano filtrare nelle gallerie una quantità variabile di luce; di notte il Parco delle Sculture è illuminato dalla loro radiosità. Organizzate in sequenza per facilitare una visione progressiva delle collezioni, le ‘lenti’ scendono gradualmente nel parco e sono intervallate da prospettive sul paesaggio. Oggi possiamo finalmente vedere e sperimentare quest’architettura nel modo in cui essa è stata immaginata, in una prospettiva che si muove dall’interno all’esterno.


Le colonne a T mescolano impalpabilmente la luce fresca del nord e quella calda e gialla del sud. Al tramonto, le strutture di vetro, delimitazioni luminose al paesaggio del Parco delle Sculture, iniziano a brillare dall’interno. Il sogno di costruire con la luce raggiunge in questo complesso un’intensità quasi fervida. Le prospettive degli interni, che si sovrappongono in un sottile modificarsi della luce naturale, sono erette a partire da un’architettura esterna di prismi traslucidi che emergono dal terreno: barre scolpite dalla luce e dal tempo. Questa intensità rende intellegibile l’energia spaziale, fluttuante come una nuvola, che aleggia sul piano delle gallerie.

Questa luce è effimera come il tempo e muta con il succedersi di ore, giorni e stagioni. Il parallasse spaziale che si sperimenta spostandosi attraverso gli spazi espositivi è, a sua volta, legato in qualche modo al tempo, il cui passaggio non è mai visualizzabile in una linea retta. Il tempo è qualcosa di più misterioso: non ha inizio, né fine, né un evento conclusivo. Allo stesso modo, questi spazi girano e si sovrappongono con una cadenza o un ritmo, ma come il tempo senza una direzione rigidamente definita. Un inedito rapporto temporale si concretizza nel modo in cui i nuovi edifici si aprono allo stile architettonico greco-romano del museo, risalente al 1933.

Il perno del senso del tempo per i greci era il ritorno ciclico: la perfezione in arte, come in architettura, era legata alla ripetizione dei cicli. Mentre sperimentiamo la geometria aperta della nuova architettura del Nelson-Atkins Museum of Art, facciamo esperienza diretta della sua energia spaziale dal punto di vista del nostro sguardo, dei nostri corpi in movimento così come scivolano attraverso le nuove stanze. Qui non è in gioco solo l’idea che questa sia un’architettura del “suo tempo”. Si tratta di una proposta mirata all’esperienza di muoversi attraverso lo spazio come atto individuale.

Ci avviciniamo così, in forma personale, all’arte come fenomeno di importanza centrale per la collettività e per il singolo individuo. Se siamo disponibili a una conoscenza potenziale, alla possibilità di riflettere ed essere ispirati da qualcosa che sia più grande del “nostro tempo”, ci apriamo con speranza anche all’idea che “noi siamo il nostro tempo”. Steven Holl




chi dovesse riuscire ad arrivare alla fine poi me lo raccconta? ;)

Nessun commento: