la legge democratica dei grandi numeri.

Torno dai miei quattro giorni di vacanza.
Nella testa facce e corpi che salgono e scendono senza fatica sentieri irti e (troppo) soleggiati.
La determinazione, la ricerca di un posto incontaminato. Il rispetto.
L'ordine del campeggio, i piatti lavati appena dopo la cena (quelli degli altri, si intende).
La spazzatura buttata solo nel cestino e il silenzio notturno turbato solo dalle cicale.

Come l'assaggio di un mondo civile.

Torno, apro la posta: una nuova proposta di Radio Radicale.
Non posso non darle un'opportunità.
Un BarCamp sull'argomento della Democrazia.
Why not?
La tipologia del confronto è già democratica.
Forse ragionarci su è già fornire uno spunto interessante: in un Barcamp si offre e si dà.
In egual misura.
Che sia questo a mancare, oggi?

Insomma: la democrazia. Il raggiungimento dei diritti, la creazione di uno stato sociale in cui ognuno può essere rappresentato. (Ma vogliamo essere rappresentati?).
Non so perchè, ma il solo parlarne mi pare anacronistico.
Che ci sia qualcosa che non va?

Ha senso, oggi, parlare di Democrazia?

[fortuna che la prossima tappa è giusto il Nord Europa. Sono proprio curiosa di vedere cosa succede da quelle parti]




Vari personaggi in cerca di dittatore



Davide Crimi
11/07/2008
- 05:53
Nel canale:Esperimenti
democratici


Come nella commedia di Ubu, gli uomini in scena sono liberi e reclamano per questo catene più dure.

Potrebbe essere questa l'immagine di sintesi non solo della situazione italiana, ma dell'intera Europa di questa epoca.
Abbiamo disdegnato (referendum Francia e Olanda) un Trattato Costituzionale che, per quanto complesso, presenta una Carta del Cittadino che costituisce il sistema storicamente più avanzato di diritti riconosciuti al singolo.
Adesso l'Irlanda ha respinto persino la versione più modesta della revisione dei
Trattati, che avrebbe permesso almeno di avere maggiore stabilità in Europa (con
una presidenza che da semestrale sarebbe divenuta di 2 anni e 1/2 e un Ministro
degli Esteri per avere un portavoce ufficiale unico sulle vicende di politica
internazionale).
Certo, l'Europa non è il migliore dei mondi possibili, ma
occorre ricordare quel che dicono le sei pagine iniziali del Manifesto di
Ventotene per riportare alla mente che gli stati nazionali erano (e sono)
strumenti di alcune ristrette élites di potere che usano le masse come vogliono e a fini di sfruttamento. Nel XX secolo hanno trasformato i cittadini in
soldati, e mio nonno è morto quando mio padre aveva solo sette anni. Non ci sono
sconti: gli stati nazionali sono responsabili di due guerre mondiali.
Quindi: l'Europa come sistema contrario all'egemonia degli stati nazionali (e cioé delle
oligarchie al potere); l'Europa delle città, l'Europa dei cittadini. L'Europa
nel suo significato originario di costruzione di pace, di spazio di eguaglianza
e libertà dove per ogni cittadino sia possibile una vita che sia occasione di
crescita materiale, intellettuale e spirituale.
Il punto è che i cittadini non ci sono, non hanno coscienza dei loro diritti, non si appassionano ai loro diritti. Considerata la legge democratica dei grandi numeri, non gliene frega niente.
*
Se giungiamo allo specifico caso italiano, vediamo che qui abbiamo insperatamente realizzato lo slogan del maggio '68: "L'immaginazione al potere".
Dando fiducia a Berlusconi, abbiamo davvero mandato l'immaginazione
al potere. Il problema è il tipo di immaginazione. Abbiamo davvero uno strano
tipo di immaginazione, un singolare incrocio tra un film di Totò e uno di Nanni
Loy, con inserti vari che spaziano da Fellini ai Vanzina (e velocissimi
fotogrammi subliminali estratti da Caligola e Suspiria).
[...]

Che i partiti dei lavoratori siano stati espropriati dal capitale (cosa vuole un Flores D'Arcais? che rappresentatività ha Francesco Rutelli? e D'Alema? di quali interessi sono portatori? di quale sinistra stiamo parlando?) ormai è ampiamente noto.[...]

Il punto è che non esiste più un partito che sia espressione del mondo del lavoro. Il sindacato non versa in condizioni migliori: il lavoro tipico del sindacalista è contrattatare gli interessi dei lavoratori in cambio di favori utili alla sua condizione personale e finalmente fare il salto in politica.
[...]
Invoco la morte politica di questa sinistra becera, manipolo di impostori. Approvando la legge 30, quel pasticcio brutto impropriamente chiamato "legge Biagi", sono loro
che hanno attaccato il lavoro, loro che lo hanno reso precario, loro che
intendevano trarne profitto politico. Questa presunzione deriva dal fatto che
sono stati loro a presidiare il mondo del lavoro.
Ma hanno fatto i conti senza l'oste.
*
La cultura dell'italiano medio non è legalitaria.
Pensavano che con un machiavellismo legislativo (più chiaramente: con una legge
di merda), precarizzando la società avrebbero moltiplicato la logica della
sudditanza politica (perché un lavoratore a tempo indeterminato può esser grato
a qualcuno per uno, due, tre anni, ma non a vita; mentre un lavoratore a
contratto annuale può essere ricattato ogni otto nove mesi).
Non sapevano che l'italiano medio non vota chi fa la legge ma chi assume il volto di chi può piegare la legge al suo volere, di chi può trasformare il diritto in
privilegio.
Del resto, la giustizia è in uno stato penoso. Non c'è certezza del diritto e andare ad affrontare una causa per un normale cittadino è qualcosa che non ha nessun fondamento nella ragione oggettiva. Situazioni che sarebbero chiare a un bambino si scontrano con i sofismi di una macchina amministrativa lenta e stentorea, che quando esprime la sua pronuncia sembra l'oracolo di Delfi
nell'epoca della sua peggiore decadenza.
E poi, l'italiano medio vota chi fa la voce del padrone.
Ma non prendiamocela soltanto con noi stessi. Tornando
al quadro europeo, Irlanda, Francia e Olanda, con le loro scelte popoliste ai
referendum europei, hanno dimostrato di non essere diversi da noi. Populisti
quanto e più di noi, incapaci di distinguere la ragione dal verosimile.
Ecco perché il pericolo di una deriva populista (con il suo strascico autoritaristico
e dittatoriale) è estremamente concreto.
Ecco perché il futuro delle correnti progressiste, di coloro che intendono la libertà come partecipazione e accesso, come emancipazione, è nel sostenere internet contro la televisione, l'open source contro i sistemi chiusi.
Il futuro passa da qui, dal punto di sempre: dalla libertà di pensiero.
Internet è oggi la frontiera di quest'ultimo baluardo di libertà.
Difendere la libertà di pensiero e di espressione su internet è fondamentale.
Affermarla è la sfida politica più immediata. .




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