Di tristezze ripassate in padella.

Questi qua son giorni che mi perdo i treni. Ma tutti, eh. Proprio tutti i treni. Esco per prender quello delle otto, e arrivo alle ottoedueminuti. Devo prendere il seiequarantacinque? Sarò certamente lì alle seiecinquanta. E poi aspetto, e penso. E penso, e aspetto. Questi qua son giorni che penso e aspetto e poi un po' m'intristisco. Che poi non lo so bene se è questa cosa della fine dell'estate, del lavoro e le altre mille cose, non lo so che cos'è, se l'inverno dritto davanti o che. Però c'è questo, che questi son giorni che m'intristisco. E quando mi intristisco poi penso alle cose belle, che non ho, a tutte le cose bellissime che potrei avere e invece non ho, e siccome nel frattempo sono diventata triste, allora penso che le cose che potevo avere e che non ho dipendano da me. E allora divento malinconica. Questi son giorni malinconici in cui penso a tutte le persone a cui voglio bene che ho perso. E proprio oggi qualcuno lo diceva, sull'internet, non mi ricordo, forse con le parole di Borges o anche di un altro meno famoso qualcuno oggi diceva una cosa che era suppergiù che ogni persona lascia qualcosa, quando se ne va, però nessuno può portarsi via tutto. Ecco, potrà anche essere, che nessuno si porta via tutto, ci mancherebbe, che disgrazia sarebbe? Non ci voglio pensare, però anche quel poco, dico, quel poco di bello che quella persona ti aveva scaturito, quelle sensazioni dentro e poi a fior di pelle, quelle cose di te che hai scoperto, quella sensazione bella nella testa e poi fuori, dico, non si poteva tenere? Io ci provo, ogni tanto mi ripasso i ricordi.
Però boh, mi sa di no.



P.S. La foto è del Cortile dela Fondazione Serralves, a Porto, e l'ho fatta io. Il Progetto dello spazio è di Alvaro Siza Vieira. 

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