vivere sì attaccati a una macchina ma recitare, sognare, no, quello no.
” Io vivo in una tomba
perché io sono un intellettuale
non sono l’unico
e non sono stato il primo a scegliere una tomba come abitazione.
prima di me ci sono andati i depressi.
mi fanno una rabbia! sono stati profetici.
sono stati i primi a capire che non aveva senso.
che niente lo aveva.
io invece a quel tempo era anche sporadicamente felice.
mi succedeva quando andavo al mare.
non d’estate.
d’estate non ci sono mai andato, nemmeno ai bei tempi.
non sono mai stato così tanto “felice”.
la gente mi ha sempre fatto istintivamente schifo.
non ero cosciente che questo schifo fosse totale,
ma modestamente per gli esseri umani ho sempre provato un ribrezzo spontaneo.
eppure andavo al mare
non d’estate, ma ci andavo.
in un bar in ristrutturazione con la cameriera grassa mi prendevo un caffè,
ristretto, amaro, mi affacciavo alla finestra, sentivo il tepore del sole e ero felice.
i depressi no.
erano tristi a tempo pieno.
per loro il mare era uno schifo in tutte le stagioni
una pozza d’acqua salata, una presa per il culo dei naufraghi
che in mezzo al mare manco se lo possono bere
“naufrago muore di sete!” …se non è deprimente questo…
e il sole?
per i depressi, già allora, era una merda solo a pensarci,
astro assassino portatore di tumori alla pelle
che invidia per i depressi!
ora anche io l’ho capito che non vale la pena.
mi sveglio la mattina e mi dico “alzati e fumati una sigaretta”
oppure “alzati, butta le sigarette nel cesso e smetti di fumare”
in fondo sono due soluzioni contrapposte,
in casi come questi ce ne dovrebbe essere una giusta e una sbagliata,
dovrei avere il 50% delle possibilità di fare una cazzata,
ma anche il 50% di azzeccarci
ma poi mi dico “ne vale la pena?”
e mi rispondo “ovviamente no”
e me ne resto semplicemente a letto
e non pensando di fare la cosa giusta
ma con la convinzione che nella vita abbiamo a disposizione solo risposte sbagliate
allora: meglio lasciar stare
perché stare a cercare un’alternativa?
avrebbe senso svegliarsi pensando: “magari mi faccio un caffè”
e allora aggiungo sempre “ma ne vale la pena?” e ovviamente non vale la pena!
penso “magari faccio due passi… ma ne vale la pena?”
penso “magari mi ammazzo!”
perché ho pensato anche al suicidio, ma alla fine ho scartato questa possibilità.
non vorrei che dopo la mia morte qualcuno pensasse che avessi avuto un motivo per farlo
sicuramente qualcuno si metterebbe in testa che l’ho fatto per amore,
per paura di qualche malattia o peggio ancora per le idee,
pensa… direbbero “si sentiva tradito dall’umanità… era un idealista”
e invece guarda i depressi
sanno sempre che non ne vale la pena
per questo sono stati i primi a scegliere di vivere nelle tombe
lontano dall’umanità che pensa, riflette, lotta, crea, distrugge, spera!
si, perché ci stanno anche quelli che hanno speranze
sperano di campare cent’anni o di diventare ricchi,
sperano di scopare il sabato sera o di guarire da un tumore
ci stanno persino quelli che dicono “speriamo che non si metta a piovere”
ma cosa te ne importa!
e se non piove? cosa ti cambia?
pensa a un giorno d’estate all’inizio agosto, una giornata piena di sole
un giapponese di hiroshima pensa “speriamo che non si metta a piovere”
e infatti non piove,
ma poi vede la sua città diventare un secchio di cenere
la speranza è un’attività da esaltati
come si fa a avere speranze nel futuro, cioè in una cosa che non esiste?
è come dare la chiave della propria casa al primo che passa per
strada ipotizzando che ci sia una possibilità che si tratti di un
maniaco del pulito che verrà a farti le pulizie di Pasqua
e invece guarda i depressi
sanno perfettamente che l’unica certezza è la morte.
l’unico avvenimento che accadrà sicuramente in quel tempo
probabile che è il cosiddetto futuro.
e quando accadrà sarà in forma di presente
perché chi muore… muore “ora” anche se è nato mille anni prima
come Matusalemme
che precursori i depressi!
appena è stato possibile se ne sono andati a vivere nelle tombe.
e adesso anche io
un intellettuale
vivo in una tomba!
e ho fatto bene
perché al cimitero sono circondato dalle cose che mi sono più care
teatro, danza, cinema.. la cultura
il teatro è morto.
gli attori… ridicoli imbecilli sempre pronti a sfilarsi i pantaloni per
mostrare la calzamaglia
perché gli attori sono così!
la calzamaglia da guitti è sempre pronta sotto i jeans
come i vecchi che non si sfilano mai i pantaloni del pigiama
neanche sotto il vestito buono il giorno della comunione del nipote
come i maniaci che girano nudi sotto all’impermeabile
patetici attori col teschio nella ventiquattrore col monologo sempre pronto
morto il teatro
e morta la danza,
le ballerine anoressiche coi piedi deformi
i ballerini froci col cazzo sempre in mostra davanti a sgallettate in
pelliccia che li applaudono alle prime nazionali
morto il teatro, la danza
e morto il cinema
chi può dire il contrario?
la maggior parte degli attori nella maggior parte delle pellicole
girate dai Lumiere a oggi
stanno tutti qui al camposanto
tutti sotto terra… a fa’ la terra pei ceci, come si dice a Roma
e morta anche la cultura
che infatti viene proprio dal latino còlere, cioè coltivare
una robba che non può che finire sotto terra
io sono un intellettuale
e nel disastro generale della cultura salvo solo la televisione
che meraviglia la televisione.
è l’unica attività in cui gli esseri umani non si vergognano di
presentarsi per quello che sono
ovvero: una merda!
e non una merda fascista o una merda comunista
una merda cattolica o musulmana, atea, ebraica, buddista, animista..
dentista o dantista
ma una merda semplice su cui puoi attaccare un’etichetta qualunque
come sul barattolo per le analisi delle feci
puoi scriverci quello che vuoi: il tuo nome e cognome, capo della Mafia, Papa e presidente del consiglio,
imperatore di Capri o Faraone d’Egitto,
ma dentro c’è solo un po’ di merda
che nel migliore dei casi può diventare concime,
còlere-cultura appunto,
o un balocco per scarabei stercorari
io sono un intellettuale
e nella tomba in cui vivo guardo solo la televisione
e non parlo solo di quei programmi in cui la gente si incazza, si
sputa e si scoreggia addosso vicendevolmente
i programmi sono tutti uguali
cambia solo l’etichetta, ma il contenuto è un escremento caldo
appena infilato in un barattolo.
ecco il telegiornale!
“una donna francese nella periferia di Marsiglia
partorisce due figli e li uccide infilandoli nella ghiacciaia
condominiale
e ora il consiglio della settimana:
come scongelare il polpettone col microonde”.
…lo fanno davvero
“the show must go on” dicono
è come quelli che dicono che però ai tempi del nazifascismo i treni
arrivavano in orario… ma arrivavano a Auschwitz!
…e vabbè, ma in “orario”!
sei milioni di clienti e nemmeno una protesta
“the show must go on” dicono
come quelli che scrivevano “Arbeit macht frei”
all’entrata di Auschwitz, Dachau, Flossenbürg, Gross-Rosen,
Sachsenhausen o Terezin
“the show must go on” dicono in televisione
io sono un intellettuale
e nella tomba in cui vivo guardo solo la televisione
l’unica espressione culturale che ribadisce incessantemente la
scomparsa definitiva della cultura,
la morte cerebrale
io per la televisione c’avrei anche qualche idea
ho pensato un programma.
un quiz.
due concorrenti si sfidano sulle solite domante del cazzo.
il nome di sette colli, dei sette re di Roma, dei sette nani…
e alla fine
quando si deve proclamare il vincitore
scopriamo dove sono stati pescati i due concorrenti che si sono
sfidati per tutta la sera.
non li abbiamo selezionati con eliminatorie dirette
o in base a un curriculum
o per raccomandazione,
li abbiamo presi in un reparto oncologico
hanno fatto gli esami
uno ha un tumore maligno e l’altro benigno
ma non hanno ancora in mano i risultati.
glieli diamo noi in diretta
“gentile signor Rossi, lei ha perso… ma tanto non si sarebbe goduto la vincita..
..il suo fegato è cotto!”
oppure “signor Tal De Tali… ha dai due ai sei mesi per decidere a
chi lasciare i soldi che ha vinto rispondendo alle nostre domande
poi saremo felici di ospitarla nella nostra residenza cimiteriale..
il suo collega non ha vinto una lira,
ma la macchia che aveva sulla lastra al torace
era solo una caccola!”
come per dire che l’arte sta sempre dalla parte sbagliata della vita,
che la vita è sempre un’altra cosa
e se ne sono resi conto anche i nostri governanti
che l’arte è morta, morta… che è morta!
per questo ci hanno dato un posto al cimitero
eppure noi, gli attori abbiamo sempre parlato di voi governanti.
i nostri migliori personaggi da sempre sono stati i voltagabbana
i traditori, magnaufo a tradimento, mignotte e puttanieri
noi abbiamo parlato di voi, sempre di voi
noi come voi siamo col razzismo ci abbiamo campato
come avremmo potuto scrivere l’Otello se non ci fosse stato l’odio razziale?
Se Otello era un idraulico di Centocelle ci mancherebbe uno dei
momenti più alti del teatro mondiale.
Noi abbiamo trattato Dio come ora fate voi, alla stessa maniera.
perché anche da noi, quando la situazione si incasinava… deus ex machina!
E lo tiravamo in ballo pure se non c’entrava niente
Noi siamo artisti,
viviamo nelle tombe
e con la morte ci lavoriamo da sempre.
sarà che per la tournée ci facciamo un sacco di chilometri in autostrada
e si vedono più incidenti che autogrill…
ma per anche noi come per voi la morte è uno strumento del mestiere
Voi governanti approfittate di ogni tragedia…
…proprio come abbiamo sempre fatto noi!
anche per noi come per voi la morte è un business!
e siamo d’accordo con voi:
che vogliono ‘sti medici relativisti?
che significa che il cervello ormai è spappolato?
non basta morire per essere morti davvero!
io ero amleto
e morivo sei giorni a settimana
e il giovedì che facevo pure la pomeridiana, morivo due volte al giorno
e alla fine dello spettacolo ero ancora vivo.
e dopo magnavo a quattro ganasce
altro che sondino endogastrico
e siamo d’accordo con voi
anche noi coi morti ci lavoravamo.
Moliere, Shakespeare, Pirandello, per non parlare di Sofocle e Euripide
…tutti morti che lavoravano con noi!
ma almeno noi i morti li portavamo in scena!
voi rottamate una panda di dieci anni che ha fatto centomila chilometri
o un motorino smarmittato che cammina ancora,
ma una donna morta da anni….
che solo per caso gli batte ancora un po’ il cuore
magari solo perché gli avevate appena cambiato le pile al pace
maker
..voi quella la tenete attaccata a un tubo, dite che è in vita!
pure se è meno meno viva di una panda rottamata!
e impedite che venga messa sottoterra
noi… i morti li portavamo in scena,
ma voi che ci fate co sti morti?
li fate votare?
ci fate i sondaggi (altro che sondini)
ecco perché aumentate i vostri consensi
e arriverete al 200 percento
il presidente del consiglio dissotterrerà anche gli etruschi e gli antichi romani
e dirà “tarquinio prisco vota per me!”
io vivo in una tomba
perché io sono un intellettuale
io vivo in una tomba
e alla fine sono morto
perché m’avete tolto il gusto di lavorare coi miei morti preferiti
perché fate vivere un embrione
e una donna in coma,
ma fate morire per sempre Amleto e Alceste, Medea e Pulcinella
sono morto per non essere più un contemporaneo vostro
io sono morto perché a stare tra voi viventi mi rodeva troppo il culo
e adesso il mio culo che se lo mangiano i vermi
esso è diventato una preoccupazione loro
rosicate spaghetti striscianti!
che precursori i depressi!
appena è stato possibile se ne sono andati a vivere nelle tombe
e hanno preso le migliori, quelle senza finestre.
Se stai chiuso nella tomba non distingui una giornata di sole dal diluvio universale
le finestre sarebbero una stupida tentazione
puoi tenerle chiuse, ma hai sempre una possibilità di aprirle per affacciarti fuori
è come l’ex-fumatore che si va a comprare le sigarette
se vuoi smettere davvero non c’hai il pacchetto sul comodino
allora: meglio non avere finestre
Perciò
noi siamo morti.
Siamo morti perché non siamo come voi
perché se voi siete vivi
è evidente che noi siamo un’altra cosa! “
”
—
lui è ascanio celestini
e questa è il requiem per la cultura, recitato il 30 marzo 2009, promosso dall’Associazione per il teatro italiano.
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